Innamorarsi quando meno te lo aspetti

Come è nata la "Trans Bike Balcani"

Tutto è iniziato un po’ di anni fa in uno dei viaggi di sci - alpinismo all’estero.

Eravamo seduti al bar dell’albergo con i bicchieri di birra in mano, dopo una bellissima gita in montagna, quando uno dei miei clienti mi disse:

“Senti Plamen, siamo un gruppo d’amici appassionati di mountain bike e ci piacerebbe se tu potessi organizzare per noi un bel giro da qualche parte. Vorrei anticiparti che gradiremmo molto una proposta di un tour culturale ed enogastronomico.”

Tour in mountain bike …!? Si, mi avventuravo ogni tanto in bicicletta, ma nella mia attività di guida alpina non avevo mai pensato di proporre una cosa del genere.

Andavo in mountain bike coinvolto dai ragazzi del C.A.I. di Bormio. Si pedalava ogni mercoledì sera per raggiungere qualche “monte” (casa di montagna) proprietà di qualcuno dei ragazzi. Si mangiava un abbondante piatto di pastasciutta, il resto della pancia si riempiva di birra e poi giù in una mirabile discesa verso Bormio alla luce della pila frontale. Andavo ogni tanto anche per conto mio nei boschi e sui sentieri dell’Alta Valtellina, ma niente di più.

Mi chiedevo: Un viaggio culturale ed enogastronomico …!? Perché no in Bulgaria!? - Mi sono risposto un giorno.

La Bulgaria è il mio Paese d’origine e posso dire che conosco bene la storia, la cultura, le città d’arte, i buoni sapori della cucina e gli ottimi vini. La Bulgaria è uno dei primi Paesi nella classifica mondiale per il patrimonio culturale dopo la Grecia, l’Italia e la Spagna.

Vorrei subito aprire una parentesi e precisare che questo prestigio non è merito dei Bulgari. Il territorio dove oggi si estende la Bulgaria apparteneva agli antichi Traci. Tutti e due i popoli (Slavi e Bulgari) che hanno fondato il Paese nell’ anno 681 dopo Cristo, si sono trasferiti ed insediati sulla Penisola Balcanica.

OK, avevo già la meta.

Ho revisionato la mia vecchia mountain bike, l’ho caricata in aereo e munito di uno zaino con tre ricambi, una camera d’aria di riserva, una bomboletta con la schiuma per gonfiare rapidamente le gomme e il mio G.P.S. “SUMMIT” della Garmin, sono atterrato a Sofia.

Durante l’inverno avevo studiato sulle cartine un possibile percorso. L’itinerario attraversava le montagne più alte della Bulgaria, seguendo le strade sterrate e passando dai più importanti monasteri cristiano ortodossi, giungeva a Melnik (città famosa nei secoli scorsi per il suo fiorente commercio dei vini locali).

Pronti, via! Adesso non rimaneva altro che pedalare.

Parto da Dragalevtzi (uno dei quartieri residenziali che circondano Sofia).

Presto la strada mi fa immergere nell’intenso verde dei boschi del Monte Vitosha. Dal villaggio di Jelesnitza entro sulla statale e dopo tre km., mi fermo per il pranzo a un ristoro.

Due km. di discesa e via, fuori dall’asfalto, nei boschi e nei prati verso il paesino di Jarlovo.

Facile dire, ma non risulta altrettanto facile fare. Mi scontro con il problema più insidioso, che d’ora in poi mi perseguiterà sulle strade della Bulgaria. Il Paese è molto cambiato durante il passaggio dal comunismo al libero mercato. Le strade, che una volta portavano verso una cascina o una cooperativa statale, a causa del non rendimento delle strutture, non esistono più e le strutture stesse a loro volta sono state abbandonate.

La cartina che ho di questa zona risale a 25 anni fa. Per l’ennesima volta prendo una delle strade, che mi sembra ben incisa sul terreno,ma dopo un po’ di chilometri, mi accorgo che porta in un’altra direzione o si disperde nel bosco. Torno indietro, riprovo e alla fine con qualche aiuto dal cielo, imbocco la via giusta e arrivo al paesino di Dren (punto prefissato per il pernottamento).

Sono ospite di un’ azienda agricola a gestione famigliare, che dispone di due confortevoli appartamentini. La naturalezza del discorso con la gente che vive in campagna e l’atmosfera famigliare, scaricano la mia tensione della giornata. Sparisce anche il senso d’insuccesso, che iniziava a pervadermi dopo le numerose pedalate fuori rotta e vado a dormire.

Colazione con latte fresco appena munto,burro e formaggi fatti in casa e una specie di torta appena sfornata. Saluto la famiglia e mi metto di nuovo sui pedali.

La strada mi porta attraverso campi agricoli e piccoli, isolati paesini di campagna, che sembrano essersi addormentati in un lungo e profondo sonno. Davanti a me s’ innalza la catena del Monte Rila (la montagna più alta della penisola balcanica), che devo affrontare nei prossimi giorni superando un passo di 2166m.

Inizio la salita verso la fascia alta dei campi,dove nelle vallate di Rila si rannicchiano alcuni paesini agricoli. Nel pomeriggio mi fermo in una bella villa con la piscina esterna e affitto una camera.

Fisicamente sono ben allenato, esercitando l’attività di guida alpina, ma pedalare è tutta un’altra cosa. Sento un po’ di dolori alla schiena e alle gambe. Faccio alcune vasche nella piscina. Il nuoto mi fa rilassare i muscoli e vado a cena.

Seguendo la strada nei boschi di pini, rovere, noccioli, arrivo alla cittadina di Rila (il villaggio nativo di Sant Ivan di Rila, fondatore del più famoso e più grande monastero in Bulgaria).

Dopo ancora 20km. sulla statale entro nel pittoresco cortile del monastero. In mezzo sorge la chiesa in tipico stile bizantino, con le pareti dipinte di bellissimi affreschi, che rappresentano le scene della Bibbia. Qui nel 18-mo secolo si incontrarono le due più famose scuole di pittura in Bulgaria. La scuola di Bansko e la scuola di Samokov. Nonostante sui dipinti della chiesa abbiano lavorato più di cinque pittori, tutti gli affreschi sembrano fatti dalla stessa mano.

Trovo alloggio in uno degli alberghetti vicino al monastero. Nel menù del ristorante non manca la trota alla griglia: la specialità di questa zona.

Parto nella vallata d’ Iliina Reka in dolce salita per ca. 10km. A un ponte attraverso il fiume, svolto a destra e inizio a salire verso il Rif. Makedonia, che si trova proprio sul passo a 2166m. La salita in mezzo al bosco è bellissima.

Peccato che anche questa strada sia rimasta in disuso. Ogni tanto sono costretto a scendere per superare qualche albero caduto di traverso o qualche grande masso di roccia. Per ca. 2km. spingo la bici su un tratto rovinato dai corsi d’acqua che scorrono sulla strada, perché le canaline non sono state pulite da anni.

Per l’ora di pranzo giungo al passo e mi fermo al rifugio.

Discesa per più di 15km., poi una breve salita e di nuovo in discesa fino al paesino di Bania.

L’orizzonte davanti a me è chiuso dalla catena del monte Pirin. Secondo la leggenda il monte Pirin era la dimora del Dio Perun (Dio principale degli antichi Traci). La leggenda dice che il Dio viveva in un castello di marmo in cima alla montagna. Infatti, la catena del Pirin è composta da marmo bianchissimo, che all’alba riflette la luce del sole e sembra sia innevata anche d’estate.

Ca. 6km. di leggera salita e raggiungo la città di Bansko ( la roccaforte della cultura bulgara nei tempi del rinascimento e la più nota località sciistica dei Balcani).

Per ripristinare le forze, assaggio uno dei gustosissimi e deliziosi piatti del ristorante “Bariakova Mehana”: vincitore del premio d’oro per la migliore cucina in Bulgaria.

Da Bansko la strada mi porta nei boschi secolari del Monte Pirin.

Pernotto in una struttura privata che affitta le camere e in mattinata riparto verso la città di Melnik.

Per l’ora di pranzo arrivo a un ristoro di montagna che conosco già, passando per tante volte con i gruppi di trekking. Il proprietario mi riconosce solo quando tolgo il casco e mette subito sulla griglia un’ enorme braciola per me.

Breve salita e mi sfogo in una lunghissima discesa fino al paesino di Rojen. Tre tornanti di ripida salita spacca gambe e tra il verde degli alberi inizio a intravedere il tetto del monastero di Rojen (uno dei più antichi della Bulgaria). Il cortile che ospita la modesta chiesetta trasmette un senso d’ordine, pace e semplicità nel pieno rispetto del cristianesimo.

Dopo la visita proseguo per ancora 6-7km. fino alla cittadina di Melnik( città famosa nei secoli scorsi per la sua cultura vinicola e i suoi ottimi vini). Vado a pernottare in un tipico alberghetto che conosco bene dai precedenti viaggi di trekking.

Mi sveglio con le prime luci dell’alba che entra dalla finestra e con un po’ di nostalgia in quanto le mie tappe finiscono qui. Gli ultimi giorni mi sentivo in piena sincronia con la mia bici. La pedalata quotidiana era diventata una cosa fisiologica per me. Sentivo le mie gambe forti e mi sembrava di poter pedalare fino all’infinito.

Esco sul terrazzo rinchiuso nel cortile interno dell’alberghetto e inizio a scendere le scale verso il ristorantino per la colazione.

Mi fermo.

Con le narici sento un profumo che conosco. Un profumo leggero, che viene da lontano, ma è inconfondibile.

Faccio ancora due gradini e mi fermo di nuovo.

E’ profumo di mare?

Si, il Mar Egeo è solo a 70 – 80 km. da qui in linea d’aria.

Mentalmente inizio a ripensare: E’ se la mia pedalata finisse al mare invece che qui …!? Sarebbe bellissimo …! No,devo tornare in Italia. Ho molto da fare.

Però, in fondo sono anche libero professionista. Significa che sono l’unica persona che mi può dare il permesso e prolungarmi le ferie. E’ da più di vent’anni che vivo in Italia e non sono mai andato in vacanza. Ho solo lavorato e basta.

Non ci vuole tanto per convincermi.

Telefono al mio amico che oggi deve venire a prendermi in macchina e riportarmi a Sofia e gli dico:

“Senti, potresti venire fra qualche giorno e recuperarmi al Mar Egeo in Grecia?”

La risposta è “Sì”.

Allora via ……!

Pedalo sulle strade secondarie che collegano vari paesini nella pianura e in breve sono alla frontiera.

So che subito dopo il confine ci sono i Monti Rodopi del sud, ma non ho nessuna cartina della zona. Mi consolo: - Se ci sono le montagne, ci saranno anche le strade sterrate.

Attraverso la frontiera e mi fermo in un negozietto nel primo paesino. Non trovo niente di meglio di una cartina stradale della Provincia Greca della Makedonia con la scala 1:250 000, ma è sempre qualcosa.

Pedalo per ca. 10km. sull’asfalto e mi fermo in un bell’albergo ad Aghistrò. Grazie agli utili consigli del proprietario dell’albergo, in mattinata imbocco una delle bellissime strade sterrate sulle montagne greche.

Giungo su un passo. Il panorama è stupendo. Mi sento libero e felice. Sorrido. Mi viene in mente il film ” Forrest Gump” e le frasi pronunciate dal protagonista:

“Un giorno ho iniziato a correre e così dopo un mese sono arrivato sulla costa del Pacifico. Mi sono detto: Come sono già qui, perché no andrò sulla costa atlantica e ho continuato a correre. Quando avevo sete bevevo. Quando avevo fame mangiavo. Quando ero stanco dormivo.”

Sorrido di nuovo e mi butto in una bellissima discesa verso Achlodohori.

Riparto dopo il pranzo, ma per tante volte perdo la strada. La cartina che ho è quello che è. Le strade sterrate non sono segnate. Grazie alle precise indicazioni di un pastore che incontro sui pascoli, arrivo in serata a Vrontù. Sulla mia cartina il paesino è segnato come villaggio abbastanza grande, ma non trovo nessun albergo.

Giro il paesino sù e giù, ma niente.

Decido d’ entrare in un bar e chiedere se ci sarà qualcuno che mi può ospitare per questa notte. Entro e saluto. La proprietaria del bar,una robustissima signora, si gira. Il suo viso si allarga ancora di più in un sorriso, mi guarda con gli occhi birichini e mi dice:

“Ti kanis edo meta esorouha?” (“Cosa fai qui in mutande?”). Sono in pantaloncini da ciclista.

Sorrido anch’io e le chiedo se qualcuno del paese mi può affittare una camera per questa notte. Da lei capisco che nel paesino c’è un alberghetto costruito da poco tempo, ma si trova un po’ fuori circa 2-3km.

Mi metto di nuovo sulla sella e velocemente arrivo all’albergo. Il proprietario, un personaggio appassionato di mountain bike, arrampicata su roccia, rafting e arti marziali, ha trasformato questo posto in un Paradiso per praticare lo sport e per il relax nella natura.

Oggi salgo l’ultimo passo di montagna e una discesa mi fa scendere nella vallata di Drama. Attraverso paesini, campi, prati, un po’ sulle strade sterrate, un po’ sull’asfalto e nel primo pomeriggio arrivo a Lefkotea.

Mi fermo in una taverna sotto l’ombra di un grandissimo noce. Vicino a me sono seduti quattro uomini vestiti da operai che finiscono il pranzo. Dalla taverna esce una persona e scusandosi mi dice che è un po’ tardi, che la cucina è già chiusa, ma se mi può andar bene, può preparare un’insalata greca.

“Va bene.” – rispondo. E’ meglio di niente.

Ordino un po’ di pane in più ed entro per lavarmi le mani. Mi fermo stupito sulla porta. La taverna assomiglia di più a un negozio di strumenti musicali. Su tutte le pareti sono appesi bozuki e baglamas. Vicino al bar il proprietario e un ragazzo stanno accordando due strumenti.

Esco e vedo due uomini che raccolgono da terra gli oggetti che prima io avevo appoggiato sul mio tavolo. Un leggero venticello aveva fatto volare la mia cartina, gli occhiali e altre cose. Li ringrazio e mi scuso per il disturbo. Mi chiedono di dove sono e mi invitano a sedermi con loro.

All’improvviso dalla taverna si sente la musica. E’ la bozuki accompagnata dal suono di baglamas. Assomiglia al suono ritmico e dolce delle onde di Mare che raggiungono la spiaggia in una bella giornata di sole.

Uno degli uomini si alza, apre le braccia in alto e inizia ballare. Sembra un falco in volo. L’uomo fa il giro intorno al tavolo, inclina il suo corpo e la testa in avanti, s’inginocchia su una gamba e con un gesto di rispetto con la mano destra, invita un suo compagno alla danza.

L’altro si alza, interpreta alla sua maniera il volo del falco e lascia spazio invitando il terzo.

Tocca anche a me e non mi tiro dietro.

Ci salutiamo con l’augurio di rivederci ancora.

Dalla vallata di Drama entro nella vallata ricca di coltivazioni di Strimonas e lungo le strade agricole, nel tardo pomeriggio giungo sulle spiagge del Mar Egeo.

L’entusiasmo d’aver raggiunto il Mare è grandissimo. Mi sento come se fossi più leggero. Sento che anche la fatica nei muscoli sta sparendo e con i polmoni pieni d’aria d’iodio percorro veloce ca. 10km. che mi separano dall’albergo ad Asprovalta.

Tuffo nel mare. Cena a base di pesce e vado a dormire.

Prima di partire per Ouranopoli, aspetto l’orario di apertura di una ferramenta. Mi serve una chiavetta a tubo N° 14. Ieri la mia bici,dopo un servizio impeccabile di 20 anni, ha iniziato a darmi dei problemi. Si svitava il bullone sinistro della chiusura del movimento centrale e rischiavo di perderlo.

Acquisto la chiave, metto tutto a posto e per una quindicina di chilometri costeggio il mare seguendo le spiagge d’Asprovalta e Stavròs. Dopo Sravròs affluisco sulla statale che porta a Ouranopoli (l’ultimo paese prima della frontiera con i monasteri del Monte Athos).

La statale non è molto trafficata e si viaggia bene, solo che la mia bici mostra segni di stanchezza. In effetti questo tour è un po’ impegnativo per un’ anziana Signora come lei. Ogni 5-6km. mi devo fermare per avvitare il bullone e proseguire di nuovo.

Alla fine su una bici agonizzante e cigolante sotto di me, entro a Ouranopoli. La bici tiene ancora fino al bagno al mare. Poi spingendola parto alla ricerca di un albergo nella cittadina.

In una vieta secondaria,una costruzione molto semplice, ma pulita, circondata da cespugli in fiore, attira la mia attenzione. Mi avvicino e leggo una tabella sul cancelletto d’entrata con la scritta “ZIMER”.

Seduti nel giardinetto, tre persone parlano in tedesco tra di loro.

Non ho dubbi, ho trovato il mio albergo. In giro per il Mondo i turisti tedeschi segnano, con la precisione di un barometro, il giusto rapporto qualità-prezzo. I tedeschi li trovi sempre nei posti dove si sta bene e si paga il giusto.

Chiacchierando con la ragazza dell’albergo scopro che è appassionata di corsa ed è reduce dalla maratona d’Atene. Le racconto come e da dove sono arrivato e guadagno la sua stima e il 50% di sconto sul prezzo dell’albergo.

In mattinata di buon’ ora vado a prendere un’ imbarcazione che fa il giro intorno al Monte Athos. Il Monte Athos con i suoi monasteri è il simbolo dell’ unione delle chiese cristiano ortodosse. E’ come il Vaticano in Italia. E’ uno stato nello stato. Per entrare nel suo territorio è richiesto il visto, che si ottiene in un periodo di 3-4 mesi. Mi accontento del giro intorno ai monasteri a bordo di un catamarano.

Torno nel pomeriggio e vedo prima dell’entrata dell’albergo, parcheggiata la jeep del mio amico. Velocemente carico quel poco che ho da caricare e sono pronto per partire.

Appoggiata al muretto e rimasta da sola c’è la mia bici. No, non posso abbandonare così la mia compagna d’avventura. Chiedo al mio amico di spianare i sedili e la carico.

P.S. Grazie a questo viaggio ho scoperto un nuovo modo per esplorare e conoscere il Mondo. Così mi sono innamorato della bicicletta. Dopo il mio rientro in Italia ho acquistato una nuova e bellissima mountain bike. La mia vecchia bici è rimasta nella casa di mio papà e quando capito là, la uso per andare a comprarmi il pane. Ogni tanto avvito il bullone del movimento centrale, che mi fa ricordare con un po’ di nostalgia la bellissima avventura che abbiamo vissuto io e lei.